In Altre Parole – intervista a Melina Márquez

Quando le parole della nostra lingua si trasformano nelle parole di un’altra lingua, ecco che accade il miracolo della traduzione.

All’estero ci leggono. Eccome se ci leggono. E non potrebbero mai farlo se non fosse per i nostri omologhi stranieri. Ma possiamo davvero definirli stranieri? In fin dei conti, parliamo la stessa lingua. Anzi, le stesse lingue. Una con cui nasciamo, cresciamo, pensiamo, sogniamo e ci evolviamo, un’altra che studiamo, interiorizziamo, che entra a far parte di noi. La scegliamo come amica, compagna, collega di lavoro. Diventa espressione di noi stessi.

Come tanti altri colleghi per le altre lingue abbiamo dedicato alla lingua straniera anni di studio, lavoro, sacrificio e passione per portare ai lettori italiani un romanzo, un’opera teatrale, una poesia, le parole della scena clou della loro serie preferita.

Quindi perché non cercare di capire cosa pensa un traduttore spagnolo che traduce nella propria lingua un’opera che nasce nella nostra? Sarà come guardarsi allo specchio? Forse. Non ci resta che scoprirlo.

RomaSantiago si occupa principalmente di hispanidad: le nostre tematiche ricorrenti sono quelle legate al mondo ispanico e hispanohablante in tutte le sue forme. Qui si parla spagnolo, si mangia venezuelano, messicano, argentino, colombiano, si comprano prodotti cileni, messicani, di ispirazione latina, si guarda il mondo con uno sguardo sempre diverso.

E, ovviamente, si traduce dallo spagnolo di tutto il mondo ispanofono.

L’intento di questo piccolo spazio è proprio quello di scoprire il nostro alter ego spagnolo, confrontarci con lui a partire dalla nostra esperienza. Il traduttore spagnolo farà le stesse cose di quello italiano? Penserà e si muoverà nello stesso modo? Sentirà la lingua nel suo profondo come quello italiano? E non solo, secondo me. Lo farà come quello ungherese, inglese, messicano, polacco, giapponese e indiano.

Circa un anno fa, riflettendo sulla figura del traduttore, scrissi, in un momento di slancio poetico estremo, in un post di Instagram:

«Siamo artisti anche noi, perché sappiamo camminare come funamboli su quel ponte invisibile tra due lingue con meravigliosa maestria e leggerezza».

Insomma, non importa la lingua che si parla e in cui si traduce, né quella da cui si traduce: il traduttore si muoverà da un estremo a un altro per creare un ponte, sì invisibile, ma solido, sul quale sarà il lettore a camminare sentendosi protetto e accompagnato. I suoi mattoni saranno le parole che saprà sapientemente riprodurre nella propria lingua. Ciò che renderà solido quel ponte sarà l’esperienza, l’ingegno, la creatività, una profonda conoscenza delle dinamiche culturali, ma anche audacia, genio e sregolatezza. Il ponte potrà oscillare, barcollare ma non crollerà. Ogni volta il suo costruttore saprà renderlo più forte.

Dopo lo slancio poetico estremo torniamo al nostro campo di azione: lo spagnolo. Conosco eccellenti traduttori dalla lingua spagnola che meriterebbero di essere intervistati e che possono essere testimoni del lavoro, degli sforzi, a volte delle delusioni, che il mestiere del traduttore porta con sé. Ma perché non chiederlo ai nostri omologhi spagnoli? Perché non chiedere direttamente a coloro che traducono in spagnolo le parole dell’italiano? Sembra inusuale? Suona strano, forse? Ma se strano, in questo caso, significa fare le cose al contrario e capovolgere il punto di vista, beh, allora da brava romana per citare Verdone, direi “famolo strano”.

Per aprire le danze di questo nuovo spazio dedicato alla traduzione ma soprattutto ai traduttori che rendono possibile la diffusione della nostra letteratura passata e presente in spagnolo, abbiamo deciso di iniziare da una giovane traduttrice spagnola, Melina Márquez, originaria di Toledo e attualmente residente in Inghilterra, a Cambridge, laureata in Filología italiana all’Universidad Complutense de Madrid, dove ha continuato con un master in traduzione letteraria, per poi approfondire ulteriormente i suoi studi con un dottorato all’Universidad Autónoma de Madrid. È una traduttrice letteraria dall’italiano, appassionata scrittrice e avida lettrice.

© Melina Márquez 2022

Leggo per scrivere, traduco per vivere, scrivo perché mi piace.

Questa frase apre il tuo curriculum vitae e sembra dire molto di te. Ti definisci una Reading woman, parli della traduzione e di tutte le sue sfumature sul tuo sito, Microtraducciones. Le tue riflessioni attente e acute mi piacciono tantissimo e spesso mi riconosco tra le righe che condividi con chi ti legge. Scrivi anche per una rivista culturale che si chiama Le miau noir.

A partire dalla frase con la quale ti presenti, quanto contano la scrittura e la lettura nel mestiere del traduttore?

Secondo me, sono le due facce della stessa medaglia. Una traduttrice letteraria è proprio una lettrice che scrive e racconta storie di altri. Il mestiere della traduzione letteraria è un’attività creativa e anche se è recente il riconoscimento ufficiale del traduttore e della traduttrice letteraria come autori, di fatto lo sono e per questo, sia la lettura che la scrittura sono alla base del loro operato. Personalmente, mi sono avvicinata alla traduzione letteraria solo quando ho avuto un bagaglio di letture sufficientemente ampio e, malgrado questo, sono sempre della convinzione che dovrei leggere di più. Per quel che riguarda la scrittura, forse è sempre stata lì, ma solo di recente mi sono resa conto che anche lei è una parte fondamentale del mio lavoro di traduttrice letteraria. La scrittura è stata una conseguenza della lettura, e la traduzione letteraria vive di entrambe.

Si dice che per un traduttore leggere nella propria lingua sia tanto importante quanto leggere nella lingua in cui traduce, così come leggere traduzioni di buona qualità. Se potessi tradurre in numeri le tue letture in spagnolo e in italiano, quale sarebbe la percentuale?

Mi hai beccato! Cerco sempre di mantenere un equilibrio del 50% tra le due lingue, ma ti confesso che spesso propendo per l’italiano. Nel momento in cui inizio a scrivere più in itagnolo che in spagnolo, capisco che devo aumentare il numero dei libri in spagnolo.

© Melina Márquez

Traduttori di tutto il mondo: succede anche a voi? A me si, praticamente sempre!!!

Io leggo molto in spagnolo, forse anche di più che in italiano.

Quando andavo all’università, durante gli interminabili viaggi in metro per andare in facoltà divoravo libri in spagnolo e in inglese. Ho sempre avuto la sensazione di conoscere lo spagnolo da tutta la vita, forse per la facilità con cui imparavo e mi esprimevo e per come lingua sembrasse fatta apposta per me, come un vestito confezionato su misura. Ho instaurato un profondo legame con lo spagnolo, quasi viscerale, che lo ha trasformato non solo nella mia lingua di lavoro ma anche nella lingua del mio cuore (così dicono tutti, eh eh eh).

Che rapporto hai con l’italiano, cosa ti attrae e come ti sei accorta che sarebbe diventato il tuo compagno di lavoro?

Guarda, assomiglia molto al tuo con lo spagnolo. Non so perché dal primissimo momento il mio rapporto con l’italiano è stato profondo e, come dici tu sul tuo rapporto con lo spagnolo, a volte sento maggiore connessione con l’italiano e con tutto quello che ha a che fare con la lingua, che con lo spagnolo. Chi lo sa, magari in un’altra vita ero italiana!

E io probabilmente una nobildonna spagnola del regno delle due Sicilie, ma decaduta e in rovina!

Nel tuo percorso per diventare traduttrice letteraria, hai avuto mai la sensazione di non sentirti abbastanza preparata, non essere sufficientemente brava o non essere all’altezza di ciò che avevi davanti a te?

Sempre! La sindrome dell’impostore non mi abbandona mai, ma credo che succeda a tutte. O almeno così mi hanno confessato altre colleghe, di sentirsi allo stesso modo. Ciò nonostante, cerco di mantenere la mente lucida e riconoscere che sì, sono una traduttrice letteraria e che so fare il mio lavoro, ma allo stesso tempo per me è molto importante continuare a imparare. Trovo che lì raggiungo il mio equilibrio, valorizzo quello che faccio e il mio operato, ma rimanendo sempre aperta a qualsiasi forma di apprendimento.

Io credo che non si diventi traduttori in un giorno, ma che si debba studiare molto, investire sulla formazione perché non si finisce mai di imparare. Sei di quelli che pensano che bisogna sempre stare sul pezzo e cercare di migliorarsi ogni volta che se ne ha la possibilità?

Certamente. Anche se sono una traduttrice dall’italiano, non sono mica un dizionario vivente italiano-spagnolo, ahahah! Anche se ho tradotto alcuni libri, non conosco né padroneggio tutti gli autori e le autrici, né tutti gli stili letterari. Per questo penso che si debba essere sempre aperti a nuove informazioni e a nuova formazione. E noi, che ci dedichiamo alla letteratura, dobbiamo aprirci alla creatività. L’arte è mutevole e ha tante forme quanti creatori e creatrici, non possiamo avvicinarci a un testo sempre allo stesso modo.

Finora hai tradotto soprattutto autrici donne, dei veri pilastri della letteratura italiana al femminile, come Grazia Deledda (Premio Nobel per la letteratura nel 1926), Sibilla Aleramo, Goliarda Sapienza (che io adoro), Alda Merini, tutte autrici rivoluzionarie e indimenticabili, con delle storie personali molto complesse e alle quali, forse, non è stato dato il meritato riconoscimento. Immagino che già conoscessi queste autrici, le hai proposte tu? Quale insegnamento ti hanno lasciato queste donne della letteratura?

La verità è che nella mia breve carriera di traduttrice sono stata molto fortunata. Come hai anticipato, ho tradotto alcune grandi autrici della letteratura italiana del ventesimo secolo. Alcune le ho proposte io, altre mi sono state commissionate. Nel caso di Sibilla e Goliarda, ho avuto la fortuna di confrontarmi con la casa editrice, Altamarea Ediciones e insieme abbiamo selezionato le autrici e i testi da tradurre. La stessa casa editrice, poi, mi ha proposto Alda Merini e non ho avuto dubbi ad accettarla.

La Deledda, invece, l’ho proposta io quando ho scoperto la collana Olvidadas della casa editrice Ménades. Dopo aver letto la mia proposta, ci hanno dato questa opportunità, a me e all’autrice, e per questo, non finirò mai di ringraziarli.

Tradurre ognuna di queste autrici ha segnato un prima e un dopo per me, non solo come traduttrice ma anche come lettrice. Entrare nelle loro menti, prendere la penna e riscrivere le loro storie con le mie parole è stata un’esperienza indimenticabile. Ognuna di loro aveva molto da raccontare e lo hanno fatto con una forza e uno stile molto personale. Se dovessi scegliere una di loro, credo che quella che più mi ha appassionato è stata Goliarda. Le altre le conoscevo grazie ai miei studi e alla ricerca accademica; ti dirò di più, molte di loro fanno parte di un potenziale progetto accademico che sto preparando.

Tuttavia, Goliarda mi ha affascinato fin da subito. Forse perché non la conoscevo, non sapevo nulla di lei prima di iniziare a parlarne con la casa editrice per una possibile traduzione delle sue opere. Da quel momento ho iniziato a divorare i suoi libri, a conoscerla, a cercarla, ad amarla per il suo modo di raccontare. Tradurla è stato un onore e continuo ad aspettare che un altro suo libro mi capiti tra le mani per tradurlo in spagnolo. Speriamo presto!

© Melina Márquez

A proposito, sul tuo sito Microtraducciones, c’è una micro-traduzione dedicata a Grazia Deledda e al suo libro “Ceneri”, che è stato pubblicato in Spagna a dicembre del 2021 dalla casa editrice Ménades con il titolo di Cenizas. Io ho letto prima la traduzione spagnola e poi l’originale e la traduzione mi è sembrata semplicemente perfetta. Consiglio a tutti i traduttori di leggere le traduzioni dei nostri omologhi spagnoli e non, credo che sia un esercizio interessante dal quale si può imparare molto.

© Melina Márquez

Hai mai tradotto un autore, dall’italiano o da altre lingue, con cui ti sei sentita in connessione intima, personale o emotiva? Qualcuno che con le sue parole, ti è entrato dentro, che hai sentito profondamente vicino? O ancora deve arrivare?

Credo che, tornando al discorso di prima, Goliarda è senza dubbio la mia preferita finora.

© Melina Márquez

Uno dei pochi uomini che hai tradotto, poeta e narratore straordinario, Cesare Pavese, è stato a sua volta traduttore e professore. Dopo tante donne, un uomo. È cambiato qualcosa nel tuo modo di concepire o impostare il lavoro dato che l’autore era un uomo?

Guarda, in realtà, Pavese è stato il primo autore di narrativa che ho tradotto. È stata una bella sfida e ho imparato molto da quel progetto. Suppongo che sia inevitabile sentirmi più identificata nelle autrici con cui ho lavorato, forse perché la maggior parte le ho scelte io. Forse dovrei tradurre nuovamente un autore per poter fare un confronto. Sono passati anni da quando ho tradotto Pavese e da allora, le scrittrici hanno invaso la mia scrivania, sarebbe un piacere poter mettere a confronto altre esperienze ora che la mia come traduttrice è maggiore.

Esiste qualche scrittore o scrittrice, di lingua italiana, che ti piacerebbe tradurre e con i quali pensi che potresti fare il salto di qualità nella tua carriera di traduttrice?

Mi piacerebbe tantissimo tradurre Elsa Morante. Da quando ho studiato la sua letteratura e ho letto i suoi libri, ricordo il suo modo di scrivere come uno dei migliori che abbia mai incontrato. So che è una grandissima autrice e che è stata tradotta in spagnolo in diverse occasioni, ma non perdo la speranza che mi assegnino una nuova traduzione. Spero che il mercato editoriale spagnolo voglia mantenere viva Elsa nella nostra lingua.

E adesso l’ultima domanda: secondo la tua opinione e i tuoi gusti, quale autore, contemporaneo o del passato, poeta, drammaturgo, narratore, di lingua spagnola, pensi che debba essere tradotto in italiano? Di quale opera (una o più di una) pensi che l’Italia non possa fare a meno?

Questa è difficile. Credo proprio che opterò per l’autrice spagnola che mi sta appassionando di più ultimamente: Marta Sanz. So che alcuni dei suoi libri sono stati già tradotti in italiano, ma non tutti. L’ultimo che ha avuto molto successo e ottime critiche in Spagna è Pequeñas mujeres rojas. Come saprai, la società spagnola ha ancora parecchie ferite aperte nei confronti del passato (e inevitabilmente anche del presente) politico, e Marta Sanz in questo libro lo racconta in modo straordinario e con la sua abituale malizia. Ma, come ti dicevo prima, tendo a leggere di più in italiano e di certo ci sono molti più autori e autrici che non conosco e che dovrebbero avere un loro spazio nella letteratura tradotta in italiano.

Traduttori all’ascolto, avete preso nota?

Grazie Melina per aver condiviso con me e con i lettori di RomaSantiago la tua esperienza e la tua passione, l’amore per la traduzione, per i libri e la scrittura e questo mi porta sempre di più a pensare che forse noi traduttori, parliamo davvero tutti la stessa lingua.

Auguro a Melina 100 di questi libri in italiano e le auguro di incrociare la sua strada con “La storia” di Elsa Morante, libro che ha segnato un po’ la vita di tutti noi studenti del liceo ma che da grandi ci ha regalato emozioni indescrivibili.

Grazie a Marcela Schiaffini, creatrice di questa meravigliosa dimensione che è Roma Santiago, per la fiducia che ogni giorno ripone in me, per lo spazio che mi concede per le mie farneticazioni tradu-letterarie e per aver creduto in questo nuovo piccolo grande progetto. Ad maioram, semper.

Grazie a Ossido, geniale illustratore e mente sopraffina, che come sempre ha centrato il segno con la sua arte, disegnandomi, oltre che bellissima, esattamente per quello che sono: vento e fantasia.

Buona lettura e buona traduzione.

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Link utili:

Non dimenticate di visitare il sito Melina Márquez Microtraducciones e di seguirla anche su Instagram, Facebook e Twitter.

La copertina di “In altre parole” è di Ossido.

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