“Fare il bagnetto al bambino” di Luis Lezama Bárcenas

Traduzione di Marcela Ivonne Schiaffini | Revisione di Valeria Cassino

― Amore ― l’aveva chiamato la compagna dall’altro lato della porta del bagno, prima di bussare due volte ― non metterci troppo sotto la doccia che voglio fare il bagnetto al bambino.

In lacrime, nudo dentro la vasca e con le ginocchia strette al petto, Adrián per la terza volta dovette sopportare quelle parole terrificanti.  

Fare il bagnetto al bambino. Impossibile.

Sentì che non ne poteva più, ma continuò a contenersi: non poteva uscirne senza sapere prima come procedere. E, come chi cerca nel passato una risposta per il presente, si ricordò dell’inizio di quell’incubo. Ripercorse il giorno in cui conobbe quella donna, l’anestetica felicità del primo bacio, la prima volta che fecero l’amore e quando decisero di andare a convivere.

Maledetta. Per lei aveva abbandonato tutto: la sua famiglia, i suoi amici. Da quando era apparsa Mariela, si era allontanato da tutti. Non ricordava più l’ultima volta che si era visto con Maxi, il suo migliore amico, e non si ricordava nemmeno se aveva più rivisto i suoi genitori dall’inizio della relazione. Mariela gli aveva rovinato la vita. Si era impossessata della sua mente come il tempo e la muffa si impossessano senza tregua delle pareti. E adesso, quella stessa donna –  anche se lui stentava a credere che fosse la stessa donna – lo faceva piangere terrorizzato nel bagno mentre bussava insistentemente alla porta per fare il bagnetto a un bambino che non esisteva.

Il terrore era stato scatenato dall’innocente frase che ogni donna, prima o poi, dice in una relazione:

― Amore, vorrei un bambino.

Ad Adrián non sembrò strano quando lei gliela buttò lì una sera a cena, lasciandolo distaccato e senza risposta. Bevve il suo calice di vino e pensò, mentre lo sorseggiava, che anche se stavano insieme da poco e non le aveva ancora nemmeno presentato la sua famiglia e i suoi amici, Mariela incarnava, in una sola donna, tutti i suoi gusti. Ridacchiò e le mentì:

― Va bene, tesoro.

Due settimane dopo la richiesta, vide come la compagna iniziò a ossessionarsi con le riviste sulla maternità. Non potevano andare al centro commerciale o al supermercato senza che ne tornasse con una nuova. Pianificazione familiare, arredo per la stanza del bebè, metodi per aumentare la fertilità di coppia… Per farla breve, le aveva tutte. Successivamente, quando terminò le opzioni più vicine, iniziò a comprarle su internet. Quando finì le copie di ogni rivista nazionale, si buttò su quelle internazionali. E così l’appartamento si riempì un po’ alla volta  di riviste. Dopo poche settimane, non si poteva entrare in nessuna stanza senza imbattersi in qualche pila sparpagliata.

Ovviamente Adrián si preoccupò, e ovviamente provò a metterla incinta. Ma i mesi passavano e non succedeva nulla. Arrivarono allora altri acquisti: le primissime “cosine per il bambino”: lenzuola, vestitini e giochi. E Adrián, anche se certo che lei lo facesse con le migliori intenzioni, considerò allarmante il fatto che la compagna comprasse cose per un bambino che era, tecnicamente, più una possibilità biologica che un bambino.

O meglio, per come stavano le cose, una non-possibilità.

Giorno dopo giorno, l’astio cresceva in Mariela. E una pungente parola iniziò a balenare in mente ad Adrián. E quella parola, la parola “sterile ”, lo portò fino a una clinica in cerca di risposte.

Ridotto ancora a un gomitolo dentro alla vasca, Adrián dovette sforzarsi per ignorare Mariela che insisteva:

―  Adri, per favore. Fammi entrare, e facciamo insieme il bagnetto al bambino.

Sentiva i colpi alla porta rimbombare come se Mariela li stesse dando direttamente col cranio e non con le nocche.

E dovette anche sforzarsi per non piangere come una femminuccia. Chiuse gli occhi e ricordò la clinica del dottor Vallejo.

I colpi di quell’ariete sparirono come inghiottiti da una densa nebbia.

― Adrián Rojas García? ― chiese l’internista grosso e brizzolato quando gli aprì la porta della clinica. Era appena entrato nella stanza dove, seduto su un lettino, Adrián aspettava i risultati dei suoi esami.

―  Salve, sì, sono io.

― Piacere Adrián. Sono il dottor Vallejo. Sono qui per i tuoi esami.

Il dottore prese lo stetoscopio, gli chiese di aprire la camicia, lo auscultò, gli prese la pressione e parlò ad Adrián del suo spermiogramma.

― Quindi tutto bene, dottore? ― chiese lui, che non era sicuro di quello che gli era stato detto.

― Tu tranquillo: i tuoi girini nuotano bene. L’unica cosa è che ti vedo un po’ stressato e confuso, ma ti ho già prescritto qualcosa che ti farà sentire al top. Forse lo stress è dovuto al fatto che tu e la tua compagna non riuscite a concepire.

Adrián si alzò. Il dottore lo accompagnò alla porta per salutarlo. Prima che lui uscisse, gli diede un ultimo consiglio:

―Per essere sicuri, ti consiglierei di portare la tua compagna da un ginecologo. Te ne posso consigliare uno molto preparato.

Quando Adrián lo propose a Mariela, lei afferrò dalla pila di riviste più vicina una decina di copie e gliele lanciò con rabbia. Finite le riviste, continuò a lanciargli oggetti. Lui si avvicinò e lei ne approfittò per schiaffeggiarlo.

Due settimane senza parlarsi.

Adrián usciva per andare al lavoro, tornava, andava a letto e lei continuava a starsene in sala davanti alla televisione. Stava sempre in pigiama. Non gli rivolgeva nemmeno una parola. Non si girava neppure a guardarlo.

Lui sopportò tutto. Fino a che un giorno, tornando dal lavoro, notò qualcosa di strano.

Fu quando passò in sala e vide con la coda dell’occhio Mariela. Era seduta sul divano, di fronte alla televisione.

E stava con la televisione spenta.

Si guardava il grembo e aveva le braccia incrociate come nell’atto di portare qualcosa. Di… cullare?

Ma non portava nulla né cullava nessuno.

E aveva un seno fuori dal reggiseno.

Adrián inghiottì piano prima di chiederle cosa succedesse, anche se già conosceva la risposta.

Lei distolse lo sguardo da quelle braccia vuote. E gli rispose, sorridendo con una naturalezza da brividi:

― Qui, col bambino. Non vedi che lo sto allattando, disgraziato.

Si stava ancora facendo la doccia, dopo aver ricordato come era iniziata quell’assurdità, Adrián pensava e ripensava. Mosso da quale stupida illusione stava sperando e speculando che tutto ciò non fosse altro che uno scherzo e per giunta di pessimo gusto? Le riviste, i giocattoli, i lenzuolini e adesso il finto allattamento.

Come siamo potuti arrivare a questo, si chiedeva, mentre l’acqua gli cadeva sulla nuca.

Fu allora che udì i suoi passi.

― Ti stai ancora lavando? ― chiedeva Mariela dall’altro lato della porta. ― Sbrigati che si fa tardi e devo fare il bagnetto al bambino.

Adrián si portò le mani alle tempie di fronte al sinistro e allegro tono con cui la compagna gli parlò. Ebbe quindi la conferma di quello che stava immaginando: non si tornava più indietro, la compagna era ormai fuori dal mondo. E pianse come un bambino, buttato nella vasca, fino a cadere addormentato.

Il mattino seguente si sorprese – si rallegrò – nel non trovare la compagna in casa.

Quando Adrián tornò dal lavoro – era di sera –, la casa era ancora vuota.

Andando in cucina per prepararsi qualcosa, sentì un odore molto forte – pittura fresca? – che gli seccò la gola.

Si fece guidare dall’odore e arrivò fino alla stanza degli ospiti.

La stanza, che fino ad allora era stata normale – letto, comodino, lampada e scrivania –, gli apparve tutta dipinta di celeste. Con  stelle gialle che pendevano da dei fili dal soffitto. Con una pila di peluche in un angolo. Con tendine nuove con piccoli aerei stampati.

E al centro, sotto al ventilatore e alla zanzariera, Adrián vide una culla di legno verniciata.

Si avvicinò alla culla.

Stampati sui lenzuolini, migliaia di orsetti polari lo guardavano negli occhi.

Sentì la porta che si apriva e sgattaiolò via dalla stanza.

La compagna stava entrando nell’appartamento. Indossava un vestito fiammante. Spingeva un passeggino rosso.

Un passeggino terribilmente vuoto.

― Ciao Adri, sono stata a fare compere con il bambino. Che dici, amore, andiamo a fare una passeggiata tutti e tre?

Paralizzato, acconsentì muto.

Prima di uscire, chiese a Mariela di aspettare. Non riusciva più a sopportare lo stress e la paura, così inghiottì un paio di quelle pasticche prescritte.

Con quelle forse avrebbe sopportato la “passeggiata” e avrebbe pensato a cosa fare con Mariela.

Per strada lei sorrideva, e a ogni isolato si fermava a “sistemare qualcosa al bambino”.

Addirittura fece delle foto al passeggino – vuoto – “con papino”.

Non vedi che lo sto allattando, disgraziato.

Voglio fare il bagnetto al bambino.

Sorridi, Adrián, non vedi che è la prima foto con tuo figlio!

Era sul punto di andarsene, di finirla con quella assurdità, quando vide apparire dall’angolo il suo migliore amico.

Da quando non vedeva Maxi?

Si ricordò che Maxi non conosceva Mariela, ma era troppo tardi per nascondersi.

Maxi lo aveva già visto. Maxi già gli sorrideva. Maxi si stava già avvicinando come un treno dentro al tunnel.

Adrián avanzò rapidamente andandogli incontro, cercando di lasciare indietro la compagna. Non voleva che Maxi, da cui si era allontanato per quella pazza di merda, vedesse la scena. Sarebbe stata troppa la vergogna, la sofferenza.

― Maxi, fratello mio ― gli disse alzando le braccia.

Dopo averlo abbracciato, si girò. La compagna si avvicinava, con un sorriso. Adrián pensò al peggio: gli toccava presentargliela e spiegargli del passeggino.

Maxi, ti presento la mia compagna. E questo è mio figlio. Sì, lo so che non esiste. Però Maxi, che fa: io non ci vedo niente di male. La pluralità, Maxi. Non essere anacronistico: i figli immaginari sono il futuro.

Quando la sentì fermarsi al suo fianco, si rese conto che Maxi aveva già avvertito qualcosa di insolito:

― Che succede, Adrián?

Si vide sconfitto e decise quindi di dire quello che non aveva mai detto a nessuno:

― Amico, questa donna al mio fianco è Mariela, la mia fidanzata.

Maxi rise. Adrián si rilassò un po’ nel vedere che il suo amico non notava la condizione di Mariela.

Quando mi chiederà del maledetto passeggino?, si torturava Adrián.

Notò quindi che Maxi lo guardava stranito, senza salutare la tizia.

Vide come il suo migliore amico – che non vedeva da quando aveva iniziato la sua relazione con quella demente – aggrottava il sopracciglio prima di chiedergli, confuso e con la massima serietà:

― Quale donna, Adri?


Luis Lezama Bárcenas

Luis Lezama Bárcenas (Tegucigalpa, 1995) è uno scrittore honduregno. A diciassette anni, grazie al supporto dello scrittore honduregno Julio César Anariba, ha pubblicato il suo primo di poesie, El mar no deja olvidar (2013). Il suo primo riconoscimento internazionale arriva nel 2016 con il racconto “Bañar al bebé”, vincitore del primo premio e della medaglia al merito Gabriel García Márquez del XI Concurso Internacional de Cuento ‘Ciudad de Pupiales’, organizzato dalla Fundación Gabriel García Márquez e dal governo colombiano. I suoi racconti e appunti sono stati pubblicati in Honduras, a Cuba, in Colombia, in Spagna, in Nicaragua e in Argentina. Ha frequentato diversi laboratori di scrittura, di giornalismo e cinema. Tra i più importanti: il TCyC tenuto da Marcelo Di Marco e il mitico laboratorio di scrittura tenuto da Liliana Heker. Nel 2020 la giuria composta da Sergio Ramírez, Socorro Venegas e Juan Casamayor gli ha assegnato l’ ottavo Premio Centroamericano Carátula de Cuento e offerto un posto nella residenza per scrittori dell’Universidad Autónoma de Nuevo León, Monterrey, Messico, si tratta del primo honduregno in assoluto a vincere questo riconoscimento. Dal 2015, vive a Buenos Aires, Argentina, dove studia e scrive.

«Mi país lleva por nombre Tierra de la Dulce Espera».

© Luis Lezama Bárcenas, 2022

Bibliografia

El mar no deja olvidar, 2013. ISBN: 978-99926-96-32-3
Antologías I Antología Argonautas, Editorial Argonautas, 2015.
Relatos para una Antología Rota, Editorial Ojo de Poeta, 2017.
Colección Literatura Hondureña, AECID, 2018.

© Luis Lezama Bárcenas, 2022

Premi

Primer Premio Concurso Internacional de Cuento Ciudad de Pupiales, 2016 (Fundación Gabriel García Márquez) – link
VIII Premio Centroamericano Carátula de Cuento, 2020 (Centroamérica Cuenta) – link

Link utili:

Instagram: @lezamabarcenas

Twitter: @LezamaBarcenas

Rivista letteraria Carátula: web

Si ringrazia lo scrittore Luis Lezama Bárcenas per aver autorizzato la traduzione e pubblicazione del suo racconto sul blog RomaSantiago.

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