Traduzione di Marcela Ivonne Schiaffini e Revisione di Sabrina Pino
OTTO
Quando in un anno succede di tutto, contare non è facile. Ottavo basico¹, otto i peli della barba, casa numero otto, otto banconote nel salvadanaio. Non la smetto di contare. Sono il più piccolo di otto figli, per questo il mio nome riecheggia tutto il giorno: Octavo, vieni qui; Octavo, aiuta tua nonna; Octavo, è finito il pane; fino a quando non vado a dormire, e nemmeno quello perché a volte mi alzo mezzo addormentato per fare cose di cui il giorno dopo non mi ricordo. Anche se da lì a causare incendi ne passa. Juanito è il mio migliore amico. O meglio, lo era. Stessa cosa Pilar. La mattina apro gli occhi e li trovo sempre lì a infastidirmi. Vado in cucina e me li ritrovo pure lì. Mi perseguitano da tutte le parti ma non mi aiutano mai. Preferiscono sedersi sul muretto a guardare come faccio su e giù per tutto il giorno, appena torno da scuola fino a notte e quando alla fine mi siedo a ricontrollare i compiti, ridono. A volte ridiamo molto, altre invece litighiamo per qualche stupidaggine, ma ormai non mi arrabbio più, non ci riesco. Quella volta che smisi di parlar con loro, si misero a piangere e Juanito rimase pietrificato con una smorfia che non dimenticherò mai. Dico loro di comportarsi bene, indicandogli quel gruppo di case scure dove vagano certe ombre. Pilar è la più alta dei tre, ci supera per più di una spanna, parla fortissimo e la faccia che fa è solo un modo per spaventare perché di solito è molto allegra. Juanito non ha capelli e non parla mai, non ne ha bisogno: ha gli occhi così neri che con un suo solo sguardo è sufficiente capire se qualcosa non gli piace.
SETTE
I miei quattro fratelli maschi non ci sono più, se ne sono andati prima di compiere la maggiore età e non sono mai più tornati. A volte vorrei che ricomparissero, soprattutto quando le mie sorelle tornano con dei tizi e ci si chiudono in camera. Con loro non parlo, preferisco non incrociarle perché mi danno sempre fastidio: Octavo, fammi una foto così e un’altra così e un’altra così; che si veda il décolleté e la curva così. Così e così, ripetono Pilar e Juanito dal muretto, imitando le pose: Octavo, fanne una a me… così, guarda… io li guardo e non gli dico niente; quando li ignoro per molto tempo fanno abbaiare tutti i cani della collina o si mettono a correre per i tetti di latta finché non esco, ma parlare di incendi è un’altra cosa. Ragazzi, ci conosciamo fin da bambini. Per primo conobbi Juanito, quando ci eravamo trasferiti da poco con mamma, mia nonna e le mie sorelle. Viveva in cima alla collina e nessuna strada arrivava a casa sua. A me piaceva quella casa perché si inclinava un po’ all’indietro, come se dovesse cadere giù dal dirupo da un momento all’altro. Mi portarono a casa sua quando ci eravamo trasferiti da poco per farmi tagliare i capelli dalla sua mamma. Juanito all’epoca era molto più basso di ora e non parlava nemmeno, ma gli occhi gli brillavano dietro l’enorme massa di capelli che allora sì aveva e che gli arrivava più giù delle spalle. Mi mostrò la sua collezione di barattoli, in uno ci conservava denti, in un altro ali di mosca, in un altro asticelle di vetro e quando lo avvicinava alla finestra, queste illuminavano il barattolo con luci colorate che giravano da tutte le parti. Diventammo subito amici. Fu lui a insegnarmi a usare la retromarcia. In cambio di un passerotto gli regalai un paio denti e un pezzetto di bottiglia di profumo rosa che trovai nella camera delle mie sorelle. Gli uccelli facevano sempre il nido in camera sua perché era l’unica di tutta la casa a cui mancava una parte. Proprio da lì si infilavano gli uccelli e tutto quello che ci entrava, ma adesso non importa perché ormai non resta più nulla di quella camera, né della casa. Per quello Juanito passa il tempo a dar fastidio dal muretto. Lo stesso fa Pilar, che viveva di fronte a Juanito, all’altro lato del canale di scolo. Era l’unica bambina che si arrampicava sugli alberi quando faceva notte. Pilar!, la chiamava sua madre; lei si portava il dito alla bocca e noi ce ne restavamo zitti. Pilar!, si sentiva di nuovo, una o altre due volte, finché non se ne andava. In realtà io non avevo bisogno di arrampicarmi sugli alberi, ma lo facevo per accompagnare Juanito e, poi, Pilar. Adesso non ce n’è più bisogno.
SEI
Da quando è iniziato l’anno, mia nonna non si è più alzata. Ha deciso che non voleva e nessuno le ha detto nulla. Magari potessi fare lo stesso, soprattutto quando arriva l’ora di alzarsi, e io non ho chiuso occhio perché lei ha gridato tutta la notte. Nonnina, svegliati, la muovo. Passa un attimo e inizia un’altra volta: Segundo, sei tu? No nonnina, sono Octavo. Sogna sempre dei bambini, non i suoi ma altri che ha conosciuto nella cucina della casa dove ha lavorato non so per quanti anni. Uscite di lì, inizia; piange, piange, la signora. Una volta mi disse, mezzo addormentata, che c’era un bambino che si chiamava Segundo e che affogò in una piscina un diciotto di settembre², dopo aver rubato un anticucho³ che voleva mangiarsi nella casa delle bambole con due cugini più grandi di lui. Mia nonna sentì l’acqua della piscina e corse senza gridare, poi lo vide. Il padre che era medico provò a rianimarlo ma la madre si dovette sfogare con tutte le tende della terrazza. Segundo, sei tu? Si, sono io, a volte le rispondo e mi corico con lei finché non si riaddormenta. Se non lo facessi io, nessuno la calcolerebbe.
CINQUE
È da tempo che non dormo bene. Per l’esattezza dalla notte dell’incidente. Sento delle voci ma in realtà non sono voci ma mormorii sjflehsajdhsoahedslfhslf. All’inizio mi coprivo la testa con il cuscino, imprecavo o andavo al letto della mia nonnina, ma continuavano sjfehsajdhsoaheds. L’unica cosa che mi funziona – più o meno – è fare retromarcia come mi ha insegnato Juanito, contando otto sette sei cinque quattro, così il dksofdifjsfdjisjfdufhiu aumenta e poi silenzio, come tutto quello che alla fine si dà per compreso. Sono quasi sempre le stesse conversazioni che già so a memoria, ma ad ogni modo bisogna raccontarle per poter dormire. Come la prima volta che parlammo dell’incendio. Stavamo coi piedi penzoloni dai rami di uno degli alberi giganti che crescevano dietro casa mia al bordo del canale di scolo. Pilar sentì alcuni compagni di corso dire che avevano bruciato la scuola della sorella di uno di loro e che il guardiano non poté uscire. Fu impossibile ascoltare la storia completa ma le parve che dicessero che ogni volta che c’era un incendio è perché qualcosa deve cambiare. Juanito la guardava da sotto il cespuglio di capelli, quasi senza battere ciglio. Sarà molto difficile, chiese Pilar. Io guardai Juanito che sembrava avere sempre le cose così chiare – o per lo meno più di me – e lui fece di no con la testa. Nonostante non lo dicesse, si notava che già ci ragionava su. La conversazione finì lì perché mia madre arrivò correndo per farsi aiutare con mia nonna che si sentiva male.
QUATTRO
Mi domando quando si rialzerà mia nonna. Vedo che tutti lo fanno, meno lei. Le dico che se non mi crede che si affacci dalla finestra così vedrà con i suoi occhi Juanito o Pilar, ma mi risponde di lasciarla in pace. Le pesa perfino dormire eppure io ci tengo a lei. Nel suo caso la situazione peggiorò da quando la portammo all’ospedale. Passammo la notte intera, mia nonna aspettando che la visitassero: piange, piange, la signora, ripeteva. Mia madre le copriva le mani con le sue mentre io le parlavo di qualunque cosa pur di distrarla. Le raccontai di quella volta che mi persi ne La calle de los niños che si percorreva la domenica in Avenida Pedro Montt, lei carica come un mulo, chiamandomi dal megafono dell’animatore, e io correndo verso la collina con il pappagallino dell’organista nascosto sotto il giubbotto. Lo chiamavano Il Consigliere perché quando qualcuno non sapeva che fare, lo chiedevano a lui e questo iniziava a cercare un consiglio rimescolando la scatola dei consigli finché non riappariva con un foglietto nel becco. Dopo mi resi conto che il segreto si nascondeva nella scatola perché, al posto di soluzioni, Il Consigliere mi diede veri e propri pizzichi. Soprattutto alla mia nonnina, se la prendeva con lei: la insultava e si nascondeva nel bagno del patio per uscire a infastidirla proprio quando si rinchiudeva. Finii per stancarmi di lui e lo regalai a Juanito che, a sua volta lo regalò a Pilar. Loro sì che si capivano, Pilar se lo metteva sulla spalla e camminava con lui su e giù. Dormivano persino insieme e per quello suo zio lo ammazzò. Quando alla fine l’infermiere venne a cercare mia nonna, lei si era addormentata con la testa che le penzolava in avanti. Mi dissero di non muovermi, è così che rimasi solo con le mie forze, seduto sulla stessa sedia, finché non uscirono. Sembra che anche lei abbia capito la stessa cosa perché quando tornammo a casa, si mise a letto e non volle alzarsi mai più. Vai a capire cosa la passa per la testa. In ogni caso mi dico sempre: se non lo faccio io, nessuno la considererà più.
TRE
Le persone cambiano da un momento all’altro sempre a causa di qualcosa che le sorprende, nel bene o nel male. E quando succede non ritornano mai più le stesse. Mia nonna, ad esempio, quando Segundo cadde nella piscina con in gola un pezzo di anticucho di traverso; Juanito quando sentì Pilar parlare del fuoco quella volta sull’albero. Da quel momento non volle più giocare, non voleva addestrare passeri né uscire a scambiarli con i vicini del colle. Tutte le mie idee sembravano dargli fastidio. No, mi faceva con la testa. Per avvicinarmi gli regalai qualcosa come dieci o più occhi che avevo strappato a delle vecchie bambole delle mie sorelle. Entrai in camera sua dalla parte che mancava e glieli misi in fila ma non li prese e restarono lì, a guardare il tetto. L’unica cosa che volevo era che parlassimo di incendi mentre lui si limitava a osservarci con quel luccichio così tipico nei suoi occhi di quando qualcosa gli piace. Optai per non dire nulla, la questione non mi faceva stare tranquillo, ma Pilar sì voleva e fu quello che creò la distanza fra di noi. All’inizio non volevo accettarlo, facevo come se nulla fosse successo, uscivo col pallone a giocare in strada e poi me ne andavo al crepaccio ad aspettarli, ma presto Pilar diventò amica di Pepo, il compagno che bruciò la scuola di sua sorella e i tre misero su un gruppo a parte per continuare i calcoli senza di me, ma sull’albero di casa mia. È il mio albero, gli gridavo. Lanciavo loro pietre con pura rabbia fino a quando non mi stancai e mi concentrai sulle mie cose, il che non fu un male perché i voti a scuola migliorarono e potei raccontarlo a mia nonna che era sempre più persa. Per lei ero Segundo e non c’era modo di farla uscire di lì, nemmeno raccontandole le migliori storie. Segundo, comportati bene, non avvicinarti alla piscina. Io guardavo dalla finestra le mie sorelle che facevano la fila al bagno, sempre occupato dai vicini: nonnina non preoccuparti, la piscina nemmeno si usa più per quanto è sporca. Ayayay, diceva, mi alzo.
DUE
Gli amici vanno e vengono, ma quelli veri, come Pilar e Juanito, restano per sempre. Nemmeno quando si erano fatti un gruppetto a parte, avevano smesso di considerarmi. Quella notte Pilar si affacciò alla mia finestra: puoi salire un attimo, chiese; dobbiamo dirti una cosa con Papo e Juanito. Non uscii né correndo né altro, misi comoda mia nonna e andai. Sembravano un blocco per quanto erano attaccati. Juanito si era pettinato, male però. I suoi occhi brillavano come non mai. C’era qualcosa di strano in tutto quella situazione anche se non sapevo dire cosa. Stavo per chiedergli cosa volessero, quando Pilar mi allungò un foglietto piegato che non mi lasciò aprire. Domani, mi disse. Io feci spallucce e lo misi in tasca. Papo guardava la terra e poi i cani che dormivano arrotolati vicino alla porta. Non riuscimmo a parlare perché mia nonna iniziò: Segundo, la piscina; Segundo, dove sei. Devo andare, dissi loro. Octavo, disse Pilar, facci sapere poi. Risposi di sì per potermene andare. Chiusi la porta proprio quando mia nonna scoppiò a piangere. Più tardi, mentre tutti dormivamo si sentirono le grida. Passammo la notte intera a portare continuamente bacinelle d’acqua. Mia madre e le mie sorelle essendo grosse erano quelle che aiutavano di più. La vicina riuscì a trovare una pompa ma non servì a nulla. Mezza collina bruciò e i corpi messi su barelle furono portati giù in strada perché l’ambulanza non poteva entrare. Vidi passare quello di Pilar, sua madre e suo zio. Poi passarono anche quello di Juanito, di sua madre e di molti altri che nemmeno riconobbi. Le mie sorelle e mia madre si abbracciarono ma io ero come una statua, come se tutto quello non fosse reale.
UNO

, diceva il foglietto che avevo in tasca, Juanito segnalava Il Consigliere dall’alto della spalla di Pilar. Se i suoi occhi fossero stati coltelli non avrei potuto continuare a raccontare. Provai a spiegar loro il conto che feci: dall’otto all’uno ma lui negava con la testa, sembrava un uovo nero, nulla da una parte, né dall’altra; solo due scintillii ridotti dalla parte bianca dei suoi occhi. No, mi disse Pilar. Si, le dissi io, e ricominciai a contare: otto sette sei cinque quattro… Ma lei insisteva che facevo male il conto, che il foglietto non indicava in quel modo, che ero un poppante perché badavo a mia nonna e blablablà, ma, soprattutto che ero passato troppo velocemente per La calle de los niños, che ero passato troppo velocemente per La calle de los niños, che ero passato troppo velocemente per La calle de los niños. Come voleva che facessi se mi stava fregando quel pappagallo. Il Consigliere, mi corresse, mentre lui faceva il Quattro con le sue zampe da uccello. Hai contato quattro troppo rapidamente, continuava; hai appena nominato La calle de los niños, non hai dato tempo al Consigliere di agire a nostro favore.
Beh, dissi, se Il Consigliere sa meglio di tutti come fare le cose, perché non le chiedete a lui e sparite per sempre. Juanito mi morse il gomito e Pilar se la prese con il lenzuolo pulito che pendeva dalla corda legata dal muretto al chiavistello della porta, buu buuu, Alla fine, vince sempre la risata. Ci sedemmo tutti e tre sul muretto a guardare fuori, da dove un giorno, forse, passerà una strada. Il sole scendeva come il tuorlo di un uovo crudo sopra i tetti di fronte ai nostri occhi color rame . Juanito si appollaiò come quei passeri che fanno il nido in camera sua e Pilar mi si avvicinò così tanto che Il Consigliere restò con una zampa sulla sua spalla e con l’altra sulla mia. Mi promisi di non sbagliare questa volta: avrei iniziato il conto alla rovescia e non avrei tenuto più considerato mia nonna, che mi perdoni lei, Segundo e Pepo. Il fatto è che quando in un anno succede di tutto, contare non è facile. Ottavo basico, otto peli i della barba, casa numero otto, otto banconote nel salvadanaio. Non smetto di contare.
1: In Cile la scuola elementare e la scuola media fanno parte di un unico ciclo scolastico.
2: Il 18 settembre si celebra l’Indipendenza cilena.
3: Tipico spiedino latinoamericano generalmente di interiora.
Allegato:
Voglio aiutare con le difficoltà di questo racconto attraverso una guida de lettura che ho elaborato grazie all’eredità di una lunga e rigida tradizione di professori di spagnolo che risale al mio bisnonno morto a trentadue anni per un attacco di cuore in mezzo all’aula e che è stata portata avanti da una scarsa ma volenterosa discendenza, per far sì che tu possa risolvere per (attenzione) conto tuo, quello che io mi trovo impossibilitata a scrivere in (attenzione) conto alla rovescia; impossibilità dovuta non perché non sappia cosa raccontare ma perché non ho idea di come farlo in maniera appropriata. Mi manca abilità ma non talento, per cui, come dicevo prima, nasconderò queste difficoltà, che la mia incapacità ha causato, per portare il conto grazie a una guida di lettura che ho elaborato in qualità di io, per trasferire al tu la responsabilità di accedere a questo racconto tramite (attenzione) un conto alla rovescia, una conta progressiva e viceversa, vale a dire, per proprio conto.
Guida di lettura
Prima parte: Aspetti generali
- Identificare i temi centrali di questo racconto.
- Classificare i personaggi in due gruppi: quelli di classe alta e quelli di classe bassa.
- Descrivere fisicamente e moralmente i seguenti personaggi: Juanito, El Consejero e la nonna.
- Perché diciamo che Octavo è un tipo universale?
- Che altri tipi conosci?
- Cosa pensi del comportamento degli adulti in merito a La calle de los niños?
- Perché si considera (per quanto concerne il contenuto) che questo è un dramma rispetto alla distanza relativa fra dos e ocho, rappresentata da Segundo e Octavo, è stato esaurito dalla letteratura moderna?
- Qual è il significato della frase: “non hai dato tempo al Consigliere di agire a nostro favore” di Pilar e della frase: “Mi promisi di non sbagliare questa volta” di Octavo?
- Sei d’accordo con il finale di quest’opera rispetto al suo eroe?
- Organizzare un tribunale nel quale un gruppo accusa Octavo e l’altro lo difende.
- Stabilire le conclusioni del tribunale.
Seconda parte: Libera associazione
Al di là di quanto sia azzeccato o meno il disegno rispetto all’influenza faulkneriana che imita le possibilità grafiche di un bambino in età scolastica, soffermarsi un momento nelle chiavi che questo disegno ha per rispondere alle seguenti domande:
- Che rapporto c’è tra La calle de los niños e l’infanzia?
- Che impatto ha nel racconto il taglio perpendicolare de La calle de los niños, rappresentato dalla fuga di Octavo verso la collina?
- Ma prima di questa domanda, rispondi a quest’altra: Cosa voleva fare Octavo quando ha sequestrato Il Consigliere?
- ¿Che significato ha che nella conta 1 2 3 4 5 6 7 8, il 4 si trovi al centro?
- ¿Che significa che nel foglietto 5 6 7 8, ovvero, il futuro, stia nelle mani de Il Consigliere o, meglio, fra i suoi artigli?
- Considerando il film di fine anni novanta dal titolo The Matrix diretto dalle sorelle Wachowski con protagonista Keanu Reeves, rispondi alle seguenti domande:
- In cosa si somiglia 4 con Matrix?
- Relaziona Octavo con Neo ¿Quali sono le differenze e quali le somiglianze?
- Confronta El Consejero con l’Agente Smith ¿Quali sono le differenze e quali le somiglianze?
Terza parte: Sviluppo
- Cosa ha ucciso la nonna di Octavo?
- A cosa fa riferimento Octavo quando dice (sottolineandolo) che Juanito gli insegnò a retrocedere?
- Perché è scoppiato l’incendio?
***
Victoria Valenzuela
(Valparaíso, 1981) Scrittrice e traduttrice. Laureata in Psicologia, ha un master in scrittura bilingue all’Università di Hofstra (New York) e di Scrittura Creativa alla UNTREF (Buenos Aires). Ha pubblicato due romanzi e quest’anno pubblicherà il suo primo libro di racconti. Vive attualmente a Buenos Aires dove organizza laboratori di scrittura, collabora con organizzazioni culturli e prepara il suo terzo romanzo.

Link utili:
Instagram: @lavitos
Romanzo El hambre de las bestias: ebook

Si ringrazia la scrittrice che ha autorizzato la pubblicazione del suo racconto su RomaSantiago, i cui diritti sono riservati.